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Perché Obo?

di Phil Bartle, PhD

Traduzione di Nunzio Pruiti

Molti amici e studenti mi hanno chiesto come e perché scelsi Obo come soggetto del mio dottorato.  La risposta è una bella storia quindi ho deciso di raccontarla.

Tutto comincia nel 1965.  Stavo terminando il mio corso di laurea in Economia e sociologia alla UBC.  Quel maggio segnò un punto di svolta nella mia vita dato che ricevetti un nuovo incarico nella RCAF fui invitato a intraprendere una carriera nella logistica militare per l'aviazione canadese.  Ero stato membro dell'University International House grazie al mio interesse nello sviluppo internazionaleinternational development.  Avevo fatto domanda al Cuso e mi accettarono, mandandomi in Kenya a insegnare economia.  Credo che scelsi la carriera internazionale perché così avrei avuto modo farmi crescere la barba.

Trascorsi l'estate in una tenda nel frutteto dei miei genitori, sotto i ciliegi, imparando lo Swahili su un libro, senza professori, nastri o alcun libro di geografia.  Un amico keniano, con cui avevo condiviso il tavolo di laboratprio durante il nostro corso di chimica al primo anno e che mi aveva incoraggiato ad andare in Kenya, mi aveva insegnato una canzone con la chitarra.  Quella fu la mia preparazione.

Nel ciliegeto dei miei genitori, con il lago Okanagan sullo sfondo background

Nel ciliegeto dei miei genitori a Okanagan

Presi il treno per l'est alla fine dell'estate per partecipare ad un corso di orientamento Cuso, presso l'Università di York.  La prima cosa che appresi fu che il mio contratto in Kenya era stato cancellato perché Oginga Odinga, il vice presidente di allora, aveva fatto approvare una legge che diceva che nessuno straniero poteva insegnare materie interpretative.  La domanda era: avevo io intenzione di fermarmi al corso mentre loro inviavano messaggi a tutti gli uffici Cuso per vedere se c'era un altro posto da qualche altra parte?  Dato che avevo ormai salutato tutti e non avevo intenzione di tornare a casa, voglioso di andare da qualsiasi parte dissi di si.  Mi fermai quindi er le successive sei settimane di corso.  Per i volontari diretti in Africa durò qualche settimana in più, a McGill.

Il Prof. Peter Gutkind era uno degli istruttori e ci raccomandava di mangiare insetti e di partecipare in pieno alla cultura locale.  (Alcuni anni più tardi sarei diventato suo assistente quando si recò in Ghana e io stavo insegnando all'Università di Cape Coast – gli dissi che avevo mangiato delle larve trovate tra le radici marce di una palma da olio e che le avevo trovate squisite).

Larve

La ventina di volontari al Cuso diretti in Ghana ebbero lezioni quotidiane di twi, anche coloro che non erano destinati a zone in cui si parlava la lingua Akan.  Io non assistetti a nessun corso di lingua perché non avevamo idea di quale sarebbe stata la mia destinazione, anche se intuivamo che sarebbe stata da qualche parte in Africa.  Non potei nemmeno imbarcare il mio baule perché non sapevamo dove spedirlo.

Alla fine, tre giorni prima della partenza, scoprii che un seminario cattolico e scuola secondaria - all'epoca St. Peter's College - mi voleva per avviare il loro programma di economia.  Certamente.  Si trovava in un piccolo villaggio chiamato Nkwatia, nella provincia di South Kwahu, in una regione del Ghana orientale.

Contattai i due studenti ganesi ingaggiati per insegnare twi ai volontari e chiesi loro di insegnarmi almeno come dire "Per favore", "Grazie" e "Ciao".  Mi dissero che anziché dire "Ciao" si dice "Buongiorno", "Buon pomeriggio" o "Buona sera" in base al momento del giorno.  La risposta sarebbe "Yaa nua".  Non furono molto precisi nell'insegnarmi la risposta.

L'arrivo all'aeroporto

L'arrivo all'aeroporto

Volammo tutti seduti nel retro di un vecchio aereo da trasporto della RCAF Yukon, fermandoci a dormire a Marville, in Francia, e disturbando i nostri anfitrioni cantando "Vogliamo andare ad Andorra" e altre canzoni pacifiste nella mensa ufficiali.  Barney (Walter) Dobson al banjo, io alla chitarra.  Non molto apprezzati in una base militare canadese.  Senza menzionare che avevo dato le mie dimissioni da un posto alla RCAF pochi mesi prima.  Io ero l'unico a portare i propri bagagli sull'aereo.  L'aereo fece scalo in molti Paesi durante il suo viaggio in giro per il mondo ed ebbi modo di vedere per la prima volta volta degli uomini tenendosi per mano, un poliziotto e un civile, ad Abidjan.

Finalmente ad Accra assistemmo ad altre due settimane di orientamento con istruttori ganesi, molto interessante, all'Università del Ghana.  Poi, la sera dell'ultimo, dopo che tutti gli altri erano già andati a destinazione, una piccola Volkswagen venne a prendere me e il mio collega canadese e viaggiammo tutta la notte sotto la pioggia verso Nkwatia.  Ad un certo punto la macchina si fermò, nel buio più totale; si era rotto il meccanismo dei pedali e il giovane autista non aveva idea di cosa fare.  Lo aggiustai con un pezzo di corda che avevo nella borsa.  Avrei voluto che il mio selezionatore a Cuso lo sapesse dato che durante il colloquio mi aveva chiesto se fossi in grado di aggiustare una macchina disperso in mezzo al nulla e sotto la pioggia.

Nkwatia si trovava sulla sommità di una scarpata a Kwawu, dove la temperatura era di qualche grado più fresca ma cadeva anche qualche centimetro di pioggia in più.  Scalare quella montagna fu spaventoso.

Il monte Kwawu

La parte sud del monte Kwawu

Pochi giorni dopo stavo seduto nel portico del nostro bungalow con i miei nuovi amici e colleghi ganesi.  Alle sei meno un quarto cominciava già a fare buio, cosa che avviene puntualmente alle sei, tutti i giorni, in zone così vicine all'equatore.  La scuola si trovava alla fine del villaggio e uno dei sentieri per i campi passava giusto dietro i nostri bungalows.  Una donna che trasportava un grosso carico di legna sulla testa, un ascia e una zappa, un figlio al seguito e a quanto sembrava un altro in arrivo, ci incrociò mentre tornava a Nkwatia dopo una spossante giornata di lavoro nei campi.  I saluti sono molto importanti nella loro cultura, così ci salutò, e rivolgendosi a me, " Kwasi.. Obruni" (in Europa nato la domenica), buonasera".  Ecco la prima opportunità per praticare il mio scarso twi, quindi risposi "Yaa, nua".

La sua risposta mi sembrò un pò irritata così chiesi al mio collega ganese cosa avesse detto.  Mi disse che avevo usato un'espressione confidenziale che si usa soltanto con i fratelli minori o con chi si conosce bene.  Gli studenti ganesi in Canada avevano pensato che io, in quanto un insegnante canadese, avrei parlato soltanto con colleghi e studenti.  Masi trattava di una madre, e anche più grande di me, quindi avrei dovuto rispondere "Yaa, enna."  Che vergogna! Giurai che avrei imparato il più possibile quella lingua durante la mia permanenza nel villaggio.  La prima cosa che imparai fu come rispondere ai saluti in base allo status della persona che avevo di fronte.  Più tardi, quando mi immersi più a fondo nella loro cultura per gli studi del dottorato, scoprii che lo status di chi saluta può anche comprendere il suo [ntor], una categoria spirituale che si eredita dal padre.

Così cominciai il programma di economia ma durante il primo anno avevo soltanto classi delle superiori, così mi affidarono anche un corso basico di matematica, giusto per tenermi occupato.  Avevo ancora tempo per uscire dal villaggio ogni week-end e per viaggiare un pò in giro per la zona, cercando di esplorare quanto potevo, di imparare la lingua e i costumi del luogo.  Comprai una Honda 120cc a Kumasi e la usai per arrivare in zone ancora più remote.  Il mio stipendio era di 120N¢ mensili (circa 150$ canadesi) e potevo tranquillamente vivere con la metà.

Diventai buon amico con molti dei miei colleghi e apprezzai molto viaggiare con loro.  Tuttavia, il mio migiore amico era Peter Kwaku Boateng, che faceva il fabbro e l'idraulico.  Aveva imparato il mestire di fabbro lavorando come apprendista e quello dell'idraulico da un frate cattolico. Ci incontrammo quando venne per fare l'impianto idrico nel mio bungalow.  Insieme viaggiammo con il trasporto locale fino in Costa d'Avorio, ad Abidjan. Scoprimmo che il nostro francese - maccheronico il suo, scolastico il mio - ci tornò abbastanza utile (sebbene non ci capivamo in francese tra di noi) e che il twi era parlato anche nel sud e nell'est della Costa d'Avorio, così alla fine lo usammo più del francese.  Casualmente Peter faceva parte del clan Asona ed era di Kwawu Tafo (dove i reali sono Asona – e dove Sjaak van der Geest condusse le sue ricerche sui Kwahu) così in seguito, quando diventai membro del clan Obo Asona lui diventò mio fratello.

Con Peter Kwawu Boateng, fabbro e idraulico

Un altro caro amico che devo menzionare è Peter Kwame Appah Kissi, uno studente del St. Peters durante il mio primo anno, poi collega e compagno di bungalow nel secondo.  Suo padre era un ricco commerciante Obo e mi procurò l'alloggio quando mi recai a Obo per il mio dottorato.  Ancora oggi mi tengo in contatto con Appah via email.

La mia Honda 250 durante un lungo e faticoso viaggio

Un giorno stavo andando per la ripida e tortuosa via che va dalle pianure, vicino a Nkawkaw, su fino alla montagna Kwawu, quando trovai una vecchia limousine Mercedes ferma ad un lato della strada.  Un ragazzo ci camminava attorno, molto agitato, mentre un vecchio era seduto dentro.  Il giovane mi disse che voleva andare a Nkawkaw per chiamare un meccanico ma che non poteva lasciare il vecchio da solo.  Io pensai che si trattava di un uomo malato, non sapendo ancora che si trattava di uomo che non si poteva in nessun modo lasciare da solo.

Io dissi che se il vecchio fosse stato abbastanza coraggioso avrebbe potuto montare con me sulla moto e che lo avrei accompagnato a casa, in modo che il ragazzo potesse essere libero di andare a Nkawkaw a cercare il meccanico.  Entrambi accettarono la proposta. Quell'anziano signore non era affatto un codardo.  Dopo che ebbe montato gli cadde a terra una grossa catena a cui erano attaccate delle chiavi, alché il giovane, ancora un pò agitato, la raccolse e la riconsegnò al vecchio.  Imparai in seguito che non si separava mai da quelle chiavi.

Gye Nyame

Quando giungemmo in cima alla montagna, presso una città chiamata Obomeng, mi indicò di svoltare a sinistra all'incrocio.  Non ero mai andato in quella direzione visto che girando a destra si giungeva a Nkwatia e a molte delle città di Kwawu.  Pochi chilometri dopo, al superare una curva, mi si presentò la più incredibile città che io avessi mai visto in Ghana; edifici da tre,quattro, cinque piani e nell'aria profumo di soldi.  Il vecchio uomo mi disse se mi piaceva la "sua" città.  Io, non conoscendo ancora il vero motivo per cui aveva usato la parola "sua", gli dissi che era molto bella.

"Sikafoambantem" (La gente ricca venne dopo) un facoltoso quartiere di Obo.

Oltre i nuovi edifici, salendo per un'ampia strada, entrammo in una parte più vecchia della città fino ad arrivare a "casa" sua.  Aveva delle enormi porte spalancate, diversi grandi tamburi e altre cose attorno, e io cominciai a capire che non si trattava di un uomo qualsiasi.  C'era anche un ragazzo, che seppi in seguito essere il figlio del Gyaasehene, capace di fare da interprete visto che il mio twi era ancora scarso.  L'uomo era il capo of Obo, ed era anche il capo della Divisione Nifa (partito di destra) di Kwawu, certamente un uomo molto potente,  Nana Kofi Bediako.  Mi offrì una birra, che accettai di buon grado, e bevemmo insieme parlando di politica, lui con il suo inglese zoppicante e io con il mio ancora incerto twi.  Mi invitò a trascorrere i miei week-end, quando non insegnavo, visitandolo a Obo e specialmente durante l'Akwasidae, ogni sei domeniche.  Era un'ottima occasione e stimolo per migliorare la lingua.

Così trascorsi interi fine settimana con lui, e a volte con il suo Kontihene che di solito si trovava ad Accra per vendere articoli di ferramenta.  Il Kontihene era un'inesauribile fonte per apprendere usanze, storie e cultura.Più sapiente del capo, parlava anche un miglior inglese, e il capo stesso era felice nel vedermi fare domande sul Kontihene, Nana Noah Adofo Aduamoa II.

Avevo parlato dell'adozione ancor prima di capire cosa era la discendenza di linea materna, e come l' abusua (appunto la discendenza per via materna) fosse alla base della loro organizzazione sociale e politica).  Un giorno il vecchio uomo mi disse di portare una bottiglia di liquore al prossimi Akwasidae, il Capo Linguista ne offrì parte agli dei e agli antenati dicendo che io ero diventato un Oboheneba Nana Kofi Bediako - Akenten, figlio del Capo di Obo.  Ero felice di prendere il suo nome, e loro sapevano che gli europei prendono il nome dai loro padri.  Questo era un fatto raro nella società Kwawu, anche se l'uomo che in seguito mi adottò come nipote in linea materna, Nana Kwame Ampadu, era il padre del cantante e leader di una band, Kwame Ampadu (stesso nome) a cui aveva insegnato tante usanze tradizionali e storie che il figlio metteva in musica con il suo gruppo, gli African Brothers.

Alla fine dei due anni come volontario ero insoddisfatto dei corsi che avevo dovuto tenere, basati sull'economia keynesiana e tratti dai libri di testo di Samuelson.  Non si applicava né (1) all'economia nazionale, basata sul socialismo di Nkrumah e della seguente dittatura militare, dato che entrambe applicavano il controllo dei prezzi e dei cosiddetti "beni essenziali", né ai (2)  mercati locali, gestiti principalmente da donne, che avevano radici in usanze e alleanze secolari.  Avevo anche voglia di capire come era vissuta la povertá in giro per il mondo, così mi sono preso un anno per tornare a casa, viaggiando in maniera economica dall'Africa orientale fino al sud-est asiatico. Alla fine del viaggio scelsi di iscrivermi in antropologia economica alla UBC, la mia Alma Mater, motivato dalla presenza di Cyril Belshaw e Harry Hawthorn oltre che dalla sua eccellente reputazione.

Dopo aver conseguito il Master lavorai come coordinatore BC per Cuso per un anno. Dopodiché fondai il Dipartimento di Antropologia al Capilano College.  Benché fossi stato ammesso per il dottorato alla UBC avevo anche vinto una borsa di studio del Commonwealth finanziata dal Governo del Ghana.  Il mio supervisore, il Prof. Harry Hawthorn, mi consigliò di optare per l'esperienza africana visto che avevo giá una laurea e un master conseguiti presso la UBC.  Avevo svolto la tesi del master su emigrazione e decision-making, basata su alcuni dati riguardanti l'Africa di cui ero in possesso, così decisi di studiare una comunità dispersa o estesa, considerando che i migranti nonostante si spostassero continuavano a mantenere un legame forte con le loro città di origine.  Pensavo vagamente di fare una ricerca etnografica su una comunità dispersa.

Non appena arrivai all'Università del Ghana, a Legon, feci subito un viaggio a Obo.  Avevo appreso che il mio vecchio amico, il capo, era morto.  Chiesi a Peter Kwame Appah e a Peter Boateng di accompagnarmi. Loro mi spiegarono come questo fosse l'unico caso in cui si portava una bottiglia di liquore già aperta alla corte del capo (normalmente si porta una bottiglia nuova, ancora chiusa), ma che uno dei suoi figli era talmente lacerato dal dolore che aveva rotto la tradizione e bevuto parte della bottiglia per alleviare il proprio dolore.  Era ironico che io fossi veramente triste di apprendere che il vecchio uomo era "andato nei campi", espressione cordiale per dire che era morto, e che io mi ero perso il funerale.

Molti degli anziani si ricordavano di me, specialmente il Capo Linguista, il Kontihene e il Gyaasehene. Il Capo Linguista sottolineò come avessi imparato la tradizione e avessi portato una bottiglia aperta (ma anche una chiusa, non si sa mai).  Il nuovo capo, Nana Asiamah II, un ex sergente di polizia, mi diede il benvenuto e ascoltò la mia storia, abbellita dagli anziani sopra citati.  Aveva uno spiccato senso dell'umorismo e mi spiegò che a un capo succedeva un nipote di linea materna, non un figlio, e che ereditava diritti e doveri, pro e contro del vecchio capo.  Non mi disse se io ero una risorsa o un problema ma mi confermò che ero suo figlio e che era felice di vedermi.  Tra i doveri di un padre c'è generalmente quello di pagare le spese d'istruzione ai figli, ma dato che lo stato (il Ghana) aveva già pagato per me mi avrebbe aiutato in un'altra maniera.  Se avessi promesso di mantenere il segreto lui avrebbe dato ordine a agli anziani, ai vice, ai sacerdoti e sacerdotesse tradizionali, di mettermi a disposizione tutta la loro conoscenza,cosicché potessi svolgere la mia ricerca etnografica di Obo.  Spiegai per sommi capi di cosa avrebbe trattato la mia ricerca ma lui insistette nel dire che Obo sarebbe stato il posto ideale.  Io promisi e lui mantenne la parola. Mi fu consentito l'accesso a molte cerimonie, rituali, storie, segreti, genealogie e tradizioni di cui pochi cittadini comuni in Ghana sono a conoscenza, e ancor meno presenziato. (Vedi Il bastone nero del linguista).  Il suo valore, in termini etnografici, era di gran lunga superiore a quello della borsa di studio stessa.  Ho conservato il segreto, tanto più che ciò non intralcia la mia analisi sociologica né il mio racconto.

Nana Asiama II, Obohene, Kwawu Nifahene

Nana Asiamah II, Obohene, Nifahene di Kwawu

Tornato a Legon scrissi il mio progetto.  Nonostante l'umore generale al dipartimento di sociologia, e specialmente del capo, Mr. De Graff Johnson, sulla mia idea era che fosse arcaica e che io dovessi fare della sociologia "moderna" (indagini e robe del genere), potei contare sull'appoggio del mio supervisore, il Dr. Dzigbodi K. Fiawoo, che aveva condotto uno studio sulle credenze e i rituali magico-religiosi degli Ewe (anche se era più interessato al loro declino) in Scozia.  Dopo un secolo e mezzo di proselitismo cristiano portato avanti dagli europei la maggior parte dei ganesi istruiti cercavano di apparire "moderni" e si vergognavano della loro cultura e delle loro tradizioni, specialmente di quei riti che implicavano il richiamo di divinità e degli antenati (che i missionari europei chiamavano "culti del diavolo").  Alla fine la mia proposta venne accettata a patto che aggiungessi un'indagine sulle famiglie, così promisi di studiare gli effetti del'urbanizzazione sull'organizzazione sociale delle famiglie.

In seguito, invitato da Nana Kwame Ampadu, padre del leader degli African Brothers, Kwame Ampadu, Gyaasewahene di Obo, capo di tutta la stirpe Asona di Obo, e imparentate Okyenhene (Capo Supremo di Akyem Abuakwa) partecipammo a un'adozione che mi rese parte della sua gente, gli Asona o Corvo Bianco.  Il capo scelse una donna anziana come mia "madre".  Andammo insieme a Kyibi per la morte dell'Okyenhene, io in qualità di membro in lutto della comunità.  Quando Nana Ampadu "andò nei campi", gli anziani mi chiesero se volessi succedergli.  Chiesi perdono ma, nonostante fossi molto onorato della richiesta, avevo delle responsabilità in Canada e rispettosamente rifiutai.  Mi dissero che sarei sempre stato il benvenuto nella loro casa e che potevo entrare nella "sala dei padri" ogni volta che volevo.

Vedendo che ero un uomo giovane e attivo, gli anziani temevano che potessi anche essere promiscuo.  Una giovane sacerdotessa, una donna della stirpe Obo Amoakade proveniente da uno sperduto villaggio nella parte nord delle montagne,venne per confermare che era posseduta dal Dio Nansin,un fiume che scorre dentro una grotta e divinità tradizionalmente molto potente nella regione.  Un sacerdote, o una sacerdotessa, non può in nessun caso sposare un "umano" in quanto consorte di un dio o una dea.  Poteva però avere degli amanti riconosciuti, autorizzati (mpna), così alcuni suggerirono che ci legassimo in questo tipo di relazione. Così facendo io avevo la possibilità di imparare molto sulla religione tradizionale e, allo stesso tempo, evitare ai loro occhi di essere troppo promiscuo.  Lei lo trovò divertente e ne fu felice e mi fece scoprire mote cose nuove, soprattutto riguardo alle erbe che raccoglieva nella foresta.  Le divinità principali di Obo, così come i sacerdoti e le sacerdotesse, mi accolsero a braccia aperte per il mio essere rispettoso, a differenza dei cristiani che insultavano i loro dei.

Nana Adwoa, Nansing Komfo, Abowam, Kwawu

Nana Adwoa, Nansing Komfo, Aboam

Ci furono anche altri religiosi che mi insegnarono molto.  Il dio Tano era la divinità dello scranno di Obo, nato dalla sorgente dell'omonimo fiume dove si trova adesso Brong Ahafo, con l' Amoakade.  La secardotessa di Asuboni (caratterizzato da acque impetuose, – è un fiume vicino che scorre da Obo, attraversa la montagna e si getta nell'Afram, nel lato nord) era una della mie principali informatrici sulle storie e le pratiche relative alle divinità locali (che erano già stati gli dei del popolo Guan, i precedenti abitanti di Kwawu prima dell'arrivo degli Akan.

Intanto il mio twi migliorava.  (Sviluppai e utilizzai un metodo auditivo ).   Alla fine dei miei due anni come volontario parlavo il twi meglio di tutti coloro che avevano seguito i corsi di lingua per tutte le sei settimane in Canada.  Quando ritornai imparai i proverbi e il "il linguaggio dei morti" (con il quale gli anziani del consiglio possono comunicare senza che la gente comune li possa capire).  Mi resi anche conto che i miei pensieri si formavano in maniera diversa quando pensavo in twi rispendo a quando lo facevo in inglese.

Esistono delle piccole rivalità tra i vari capi ed essere sempre un passo avanti rispetto agli altri era una bella sfida per loro. Il capo degli Obo si trovava in questa posizione di prestigio rispetto agli altri capi Kwawu per il solo fatto di avere me.  Storicamente gli Obo guidarono la fazione di Asante contro i missionari svizzeri quando Kwawu dichiarò l'indipendenza dall'impero Ashanti (1883).  Le fazioni Paramount and Adonten spingevano invece a favore dei missionari.  La fazione Benkum di Kwawu era alleata con Akyem Abuakwa.  Ancora oggi vestigia di queste antiche alleanze si possono notare in questi giochi e competizioni tra i capi.  Naturalmente il capo Obo coinvolse anche me in questi giochi.  Ero il suo asso nella manica e imparai moltissimo da questa situazione.

Imparai le marce Obo e Kwawu con il corno e lo suonai per il capo in occasioni ufficiali.  Un giorno seguii il capo alla grande chiesa di Abetifi per una importante cerimonia pubblica e il portiere, che solitamente non permetteva l'ingresso alla chiesa ai suonatori di tamburi e di corno (considerata musica del diavolo), fu talmente sorpreso di vedermi, un giovane Obruni, che mi lasciò entrare e addirittura il capo mi chiese di suonare il suo inno con il corno all'interno della chiesa.  Ai pezzi grossi della chiesa il fatto non piacque molto   , ma per noi fu divertente.

Suonatori di corno di Obohene

Imparando a suonare il corno Obo

Durante un'udienza pubblica ( afahye) ad Abetifi, il capo supremo di Kwawu (il quale aveva anche esercitato la professione legale a Tema) mi vide dietro il capo Obo con il corno  e mi chiese di avvicinarmi al suo lato.  Mi chiese poi di suonare la musica degli Obo.  Dopo avermi ascoltato si congratulò con il capo Obo.  Poi sfidò il capo Obo chiedendogli se il suo ragazzo sapesse anche suonare la marcia Kwawu.  In effetti le due marce sono molto simili  e quando gli Obo mi avevano insegnato la loro mi avevano anche insegnato quella degli Kwawu ma dicendomi di non suonarla mai o il capo Obo avrebbe dovuto sacrificare una pecora. Quando il capo supremo mi chiese di suonare la marcia Kwawu, guardai in direzione degli anziani Obo i quali mi diedero il consenso.  Suonai ciò che prima mi era stato proibito.  Il capo supremo rise di gusto e mandò una pecora in dono al capo Obo.  (Io suono il sax ma si tratta di uno strumento ad ancia mentre il corno, un corno di bufalo, si suona come una tromba, facendo vibrare le labbra).  I ganesi di ceto più elevato che si trovavano nella folla non capirono esattamente di cosa si trattasse ma erano comunque sospresi nel vedere il mio valore (chutzpah?) nel suonare dinanzi ai capi.

Omanhene (capo supremo) di Kwawu

Daasebre Akuamoah Boateng II, Omanhene (capo supremo) di Kwawu

Imparai a comportarmi come un linguista e a praticare libagioni (preghiere) verso gli dei e gli antenati.  Il capo provava piacere nel chiedermi di officiare le libagioni quando i cristiani si presentavano alla corte, con le loro bottiglie di liquore (molti di loro erano astemi), per chiedere il permesso di aprire una chiesa, un ospedale o una scuola.  Obo era ancora vista (ma in maniera mite e non seriamente conflittuale) come il baluardo dell'opposizione alla cristianità a Kwawu e il capo Obo si divertiva nell'irritare i missionari chiamandoli "fratelli e sorelle in Cristo", loro sapevano bene che luii era indissolubilmente legato alla sua stirpe. Di fatto, tutte le chiese erano le benvenute a Obo dove la tolleranza era uno stile di vita.

Questa fu vera osservazione partecipativa.  Mi trovavo lì ed ero pronto all'avventura

Obo mi aveva scelto.

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Ultimo aggiornamento: 09.12.2012

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