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CONDIVIDERE LA FELICITA' ATTRAVERSO LA PRA

Nepal

di Kamal Phuyal

a cura di Phil Bartle, PhD

tradotto da Francesco Valsecchi


“La formazione dei partecipanti non si focalizza solo sul contenuto della formazione stessa, ma dipende anche dall’atteggiamento degli insegnanti – ossia se tale atteggiamento rispecchia quello che si dice/afferma in classe oppure no. Inoltre, i partecipanti metteranno a frutto tali insegnamenti, se saranno convinti dal modo di porsi dell’insegnante”.
(Mr. Uttam Dhakhwa, Sharing Forum on Spirituality and Development).

Perché usare la PRA? Questa domanda è stata posta durante diverse discussioni, come in workshop o in molte sessioni di formazione. Per esperienza, ho notato tre componenti principali della PRA; l’aspetto comportamentale, l’aspetto del concetto e l’aspetto dal punto di vista delle competenze. Il terzo aspetto sembra essere molto chiaro, dato che si focalizza su come utilizzare gli strumenti della PRA stessa. Molti sostengono che la maggior parte della formazione si concentra su questo ultimo punto. La formazione inizia dalla storia della PRA e termina con l’applicazione dei suoi strumenti.

La prima componente ha a che fare con la domanda: chi dovrebbe usare la PRA? Quali sono le caratteristiche necessarie per praticare la PRA? La seconda domanda si concentra sul perché usare la PRA – Perché non altri approcci? Quali sono i valori della PRA? Altrettanto, la terza componente si focalizza su come utilizzare tali strumenti in modo più efficiente e sul processo che sottintende a ciò.

La partecipazione delle persone del luogo dipende dall’attitudine del mobilitatore sociale della PRA.

Lo sviluppo significa condividere la felicità.

Una volta uno dei miei colleghi mi disse: “ Sai cosa significa sviluppo? Nella mia esperienza, è principalmente condividere la felicità con gli altri.” Lui mi spiegò con vari esempi il suo concetto e mi piacque questa idea di sviluppo.

Ho avuto la possibilità di vedere molti progetti per lo sviluppo; alcuni che spendevano milioni di rupie e altri solo alcune migliaia. Una volta mi trovavo in un villaggio vicino a Pokhara, a circa 200 km da Kathmandu. Stavamo facendo una valutazione partecipata su un progetto sull’acqua potabile. Abbiamo trascorso un ottimo periodo là; abbiamo potuto condividere molte cose con gli abitanti del villaggio e loro erano molti contenti di poterci ospitare nel loro villaggio. Dal punto di vista finanziario si trattava di un progetto molto piccolo. L'ufficio distrettuale per la questione idrica e un’organizzazione giapponese svilupparono il progetto in modo congiunto. Spesero circa 35.000 rupie per portare a compimento il progetto. Una donna spiegò in questo modo il progetto:

Una Didi (sorella) venne a lavorare nel nostro villaggio. La ignorammo per un lungo periodo. Gli abitanti del villaggio le dissero di andarsene (dato che avevano già avuto delle cattive esperienze con persone impegnate nello sviluppo) ma, al contrario lei pensò ai nostri problemi per tutta la notte. È stata molto carina. Alla fine, ci piacque, lavorammo insieme e realizzammo molte cose. Adesso abbiamo le nostre cooperative. Abbiamo frequentato dei corsi di alfabetizzazione. Abbiamo trascorso un ottimo periodo con lei. Siamo stati molto felici di lavorare insieme, ci è piaciuto molto. Abbiamo portato a termine tutti i nostri lavoro felicemente. Ancora oggi ricordiamo quel periodo con gioia. Ora abbiamo molto a cuore i nostri progetti e non li abbandoniamo mai, anche in ricordo del nostro tempo passato insieme.

Gli abitanti del villaggio non erano neanche in grado di pronunciare il nome dell’organizzazione in maniera corretta; l’unica cosa che continuavano a ripetere era come erano stati contenti di stare insieme a Bikase Didi (“sorella-lavoratore per lo sviluppo). Sfortunatamente non siamo riusciti ad incontrare quella Didi, ma da quello che ci avevano detto, abbiamo capito che lei era solita mostrarsi molto contenta di lavorare con le donne del villaggio. Siamo venuti a sapere che il suo unico motto era quello di condividere la felicità con gli altri abitanti del villaggio. Questa condivisione è stata reciproca, sia per Didi che per il villaggio. Il progetto sull’acqua potabile è stato il mezzo per loro di condividere questa felicità e a sua volta, tale spirito di felicità è stata la chiave per la riuscita del progetto. Infatti gli abitanti del villaggio non sembravano curarsi di quanto tempo avessero speso per lavorare al progetto e non sarebbero stati in grado neanche di quantificarlo. Durante il periodo di valutazione, enfatizzarono di continuo quanto erano stati felici. Questo stato di felicità li ha incoraggiati a fare molte altre cose. Adesso hanno la loro cooperativa, hanno formato un comitato femminile per il mantenimento, hanno gruppi di ascolto. “Siamo contenti di essere in gruppo, qui possiamo condividere i nostri problemi e la nostra felicità”.

Una delle maggiori organizzazioni multi-laterali spese 1.5 milioni di rupie per un progetto sull’acqua potabile nel distretto di Nuwakot , nella regione a nord di Katmandu. Invece, un comitato per lo sviluppo di un villaggio (VDC), che copriva 800 famiglie (parecchi villaggi), riceve annualmente solo 500 mila rupie da parte del Governo. Ancora una volta, vi è stato un conflitto acceso tra il progetto e gli abitanti del villaggio. Gli abitanti del villaggio non furono soddisfatti del progetto, sebbene il loro problema di approvvigionamento idrico fosse stato risolto. Cio è quanto espresso da parte degli abitanti del villaggio in sede di valutazione:

La costruzione del progetto è quasi terminata, ma noi non sappiamo neanche riconoscere chi lavora a questo progetto. C’è un ricambio continuo all’interno dello staff. Non vediamo mai nessuno per due volte di fila. Non sentiamo questo progetto come nostro, sappiamo che hanno c'è un gruppo di lavoro, ma non sappiamo nemmeno chi sono. Si deve trattare di persone della classe dirigente. Lo staff non ha un ufficio e non hanno neanche un luogo fisso dove stare. Spesso ritornano a Katmandu o ritornano a Trishuli (il quartier generale del distretto) sui propri mezzi una volta terminata la visita. Una delle parti contraenti del villaggio vicino era stata incaricata della costruzione; siamo andati con lo staff, ma non ne sembravano contenti.

Gli abitanti del villaggio hanno risolto il loro problema di approvvigionamento idrico a partire dalla primavera seguente e adesso non hanno più questo problema. A questi abitanti non è stato chiesto nulla sulle loro preferenze o su cosa pensassero del progetto. Si è trattato di un progetto completamente esterno ed è stato implementato da persone che non avevano problemi di approvvigionamento idrico. In questo caso è evidente che il progetto non è potuto essere il mezzo di condivisione della felicità. Il gap tra abitanti del villaggio e staff ha iniziato ad aumentare fin dall’inizio. Si può dire che lo staff ha pensato al progetto solo come una parte del lavoro, e di essere gentili nel completare tale progetto per il villaggio. Non erano pronti a perdere tempo per parlare con gli abitanti e, se non si riesce a parlare, come si può condividere la felicità?

La storia ci racconta molte storie sul lavoro partecipato fatto dalle persone stesse. Si sono costruite strade, tempi, dighe, scuole. Si è soliti apprestarsi a lavori del genere come se si dovesse celebrare una cerimonia. Se si analizza attentamente, si può notare che, alla base di tutte queste azioni, vi è la condivisione della felicità. Di solito si cantano canzoni, si conducono lavori di rilevanza sociale insieme, si condivide il cibo, lo stare insieme e il completamento del lavoro. Sembra che questo condividere la felicità lo si realizza a volte dando e a volte ricevendo qualcosa dall’altra parte.

Una volta una grande organizzazione offrì un importante lavoro ad uno dei miei colleghi. Ci pensò a lungo, ne parlò con gli altri e alla fine rifiutò l’offerta. Lei disse:

"Non sono sicura di poter trovare lo stesso felice ambiente di lavoro. Sono molto contenta di lavorare con i miei attuali collegi, con i quali posso condividere tale stato di felicità. Sono gratificata del mio lavoro qui. È vero che mi hanno offerto uno stipendio raddoppiato e altri benefici, ma avevo paura di perdere la mia felicità".

Condividere la felicità attraverso la PRA

Abbiamo notato che nessuna delle ultime sessioni di formazione sulla PRA è state dichiarata noiosa. Recentemente ho recensito circa 60 report riguardo la formazione della PRA. Ho preso in esame la valutazione fatta dai partecipanti, che di solito è fatta alla fine della formazione. Non ho trovato neanche un caso in cui la formazione sulla PRA sia stata giudicata noiosa. Si possono trovare commenti del tipo “10 giorni sono trascorsi come se fossero stati 10 minuti”, “abbiamo riso un sacco” oppure “abbiamo condiviso un sacco” etc. Ciò che si impara sulla PRA può essere acquisito in altri modi ovviamente, ma una delle cose importanti della PRA, a mio parere, è che crea un ambiente idoneo per condividere la felicità. I partecipanti non subiscono la gerarchia e non avvertono disparità (socio-economiche, di casta o di genere). Tutti ridono, condividono e imparano. La condivisione della felicità sviluppa una certa unione tra chi condivide,cosa che succede anche durante la formazione della PRA in ultima istanza.

“Sai, mentre si fa una mappa sociale, gli abitanti del villaggio spostano sassi, barriere e costruiscono case. Si ricordano che stanno facendo una mappa del villaggio, o una mappa artificiale, solo per i primi 15 minuti , poi si dimenticano che stanno “giocando” con le risorse del paese e quindi la realtà prende il sopravvento; si ride, si grida, si parla apertamente e a volte ci si arrabbia. La mia esperienza è che dopo 15 minuti la discussione entra nel vivo e si inizia a condividere la realtà. Quando ciò accade, chi era in disparte inizia ad entrare nel merito della discussione e a partecipare, anche gli analfabeti e gli emarginati, che difficilmente si esprimono in pubblico, iniziano a discutere. Il condividere la felicità facilita tutto il processo.
Una volta un mobilitatore sociale della PRA disse:

La PRA senza “condivisione della felicità” diventa una cosa molto noiosa e tecnica. A volta può diventare addirittura pericolosa. Una volta la persona a capo di un VDC del distretto di Dhading, in distretto confinante con Kathmandu, condivise la sua visione del gruppo della PRA in tale maniera:

Un team di professionisti della PRA arrivò con 4-5 portatori che trasportavano i loro effetti personali e il loro cibo. Giunsero al villaggio e alcuni di loro andarono alla ricerca di polli, altri tagliarono i rami degli alberi per un fuoco di campo notturno. Un gruppo di giovani si recò alle fontane e iniziarono a importunare le ragazze. La sera tennero un grande evento culturale. Suonarono musica Angreji (inglese) e musica da discoteca. Urlarono e smisero di ballare quando due ragazzi ubriachi iniziarono a picchiarsi. Il mattino seguente riunirono solo 7-8 persone, 3 delle quali della casa dove soggiornavano, e iniziarono a fare la “PRA".

Questo tipo di PRA non partecipata non condivide felicità, ma ruba la felicità delle persone. Inoltre, tali esercizi di PRA, con i loro celati interessi, rovinano la PRA in quanto tale.

Qualsiasi cosa facciamo con la PRA possiamo farla in altri modi. Usare altre tecniche, per esempio, può aumentare la partecipazione delle popolazione del villaggio. Si possono incoraggiare gli analfabeti e gli emarginati a prendere parte al processo di sviluppo utilizzando tecniche alternative. Ma il valore più importante, o contributo della PRA stessa è che ha il potere potenziale di creare un ambiente dove poter condividere la felicità.

Una volta un gruppo del villaggio stava classificando per ordine di ricchezza un villaggio del distretto di Sindhupalchowk, a nordest di Katmandu. Misero in fondo a tale classifica un vecchio che era anch'egli parte del gruppo, il quale però negava tutto ciò. La discussione andò avanti a lungo e altri fecero molti esempi per sostenere le proprie tesi; in realtà lo volevano aiutare dato che il progetto prevedeva programmi d’aiuto per le persone povere. L’uomo non possedeva nulla e spesso faceva fatica a mettere insieme due pasti al giorno, ma disse: “ Non ho abbastanza cibo, ma sono felice. Sono la persona più felice del villaggio e lo sapete. Mi avete mai visto triste o depresso? Come potete dire che sono povero?". Infatti, egli era di solito il primo a prendere parte o a guidare ogni lavoro sociale. Alla fine lo misero a “metà classifica”.

Dopo quell’esercizio parlammo a lungo con quell’uomo e scoprimmo che egli stesso era la fonte della sua felicità. Tutti gli abitanti del villaggio sentono la sua mancanza quando manca per parecchi giorni. Il team della PRA riconosce che i bisogni sono (almeno) diritto di tutti gli esseri umani e che la fame può essere un serio ostacolo verso la felicità. Tuttavia il benessere economico non può essere comparato con il benessere spirituale ed emotivo.

Il mese scorso abbiamo avuto una discussione su spiritualità e sviluppo. Qualcuno chiese: “Cosa si fa per il rafforzamento del settore emarginato della società?” Con chi possono condividere la felicità? Ecco alcune delle conclusioni:

"Certo, noi vogliamo giustizia, non vogliamo disparità, non vogliamo sfruttamento e desideriamo “il rafforzamento degli emarginati”; di conseguenza vogliamo che gli emarginati e i nullatenenti prendano parte al processo sullo sviluppo. Li vogliamo ascoltare. Vogliamo sapere le loro idee. Vogliamo essere amici nel processo di rafforzamento. E non vogliamo questo perché è il nostro lavoro, ma perché saremo più felici per questo. Vogliamo che “crescano” e che le disparità diventino più piccole. Dovremmo fare capire loro che saremo felici di essere loro amici durante questo processo di sviluppo e fare capire che come condividiamo la felicità con loro. La PRA può aiutarci molto a condividere la felicità con i settori emarginati ; la PRA rimuove tutte le formalità e incoraggia a proseguire con questo modo di pensare."

Uno dei responsabili di un VDC condivise la sua esperienza di utilizzare la PRA per la programmazione.

Prima della PRA, eravamo soliti raccogliere le richieste di tutti membri per ogni distretto. Il nostro tavolo ne pagava le conseguenze – poiché ognuno enfatizzava le proprie ragioni sbattendo i pugni sul tavolo! Questo modo di classificare le priorità salvò il nostro tavolo e mettemmo sullo stesso piano le priorità di pari livello, soddisfacendole tutte.

È stato attraverso questo processo, che ho imparato dalle esperienze avute fino a oggi, che la PRA ci aiuta a condividere la felicità con gli abitanti dei villaggi, ma anche tra di noi e ovviamente con i più emarginati. Credo che vedere il lato positivo delle cose ci può aiutare ad andare avanti nello sviluppo. Focalizzarsi solo sulle cose negative ci occlude; non possiamo proseguire nello sviluppo concentrandosi solo sulle cose negative.

Kamal Phuyal
Nepal
Articolo inviato al workshop dell' IDS , "Pathways to Participation."

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Ultimo aggiornamento: 14.10.2011

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